Ciao a tutti,
oggi vi parlo di romanzo edito Einaudi: “A volte ritorno” di John Niven. Traduzione a cura di Marco Rossari.
Valutazione:
Sinossi
Dopo una vacanza di qualche secolo Dio è tornato in ufficio, in Paradiso, e per prima cosa chiede al suo staff un brief sugli ultimi avvenimenti. I suoi gli fanno un quadro talmente catastrofico – preti che molestano i bambini, enormità di cibo sprecato e popolazioni che muoiono di fame… – che Dio si vede costretto a rimandare giù il figlio per dare una sistemata. JC (Jesus Christ) gli dice: “Sei sicuro sia una buona idea? Non ti ricordi cosa è successo l’altra volta?” Ma Dio è irremovibile. Così JC piomba a NY, dove vive con alcuni drop-out e ha modo di rendersi conto in prima persona dell’assurdità del mondo degli uomini. E cerca, come può, di dare una mano. Il ragazzo non sa fare niente, eccetto suonare la chitarra. E riesce a finire in un programma di talenti alla tv. Un gran bel modo per fare arrivare il suo messaggio a un sacco di gente. Ma, come già in passato, anche oggi chi sta dalla parte dei marginali non è propriamente ben visto dalle autorità.
Pagine 388 | Prezzo cartaceo € 13,00|Prezzo ebook € 6,99 | Link per l’acquisto Amazon CARTACEO e EBOOK
Recensione
“A volte ritorno” è un romanzo decisamente sopra le righe. Ne ho sentito parlare molto bene e ho iniziato a leggerlo convinta che sarebbe stata una lettura che mi avrebbe fatta divertire. Lo ha fatto… per le prime 50 pagine. Poi per me è stata un’ardua impresa portare a termine questo libro.
Partendo dal presupposto che sì sono credente, poco praticante e assolutamente non bigotta ho trovato questo romanzo piuttosto forzato su diversi aspetti. L’idea di base è assolutamente geniale. Dio incazzato nero per come stiamo trattando la Terra e i nostri “fratelli”, e Gesù che ci riprova, ritornando sulla Terra per farsi ascoltare. Ma è lo svolgimento di questa idea che ho trovato piuttosto banale e sarò schietta piuttosto noioso.
Le prime pagine le ho trovate davvero divertenti e originali, il resto per niente: la parte del talent show poi è davvero lenta e prolissa. L’autore nell’intento di creare un Dio e un Gesù rivoluzionari, almeno credo fosse questa la sua intenzione, li ha resi perennemente strafatti di marijuana e qualsivoglia altro tipo di droga (perché fa stare bene e se Dio a suo tempo le creò perché non usarle… mmh ok va bene andiamo avanti…), e non contento del droga party ha infarcito qualsiasi dialogo con una smodata quantità di parolacce. Ma veramente per essere rivoluzionari oggi come oggi ci si deve drogare e dire parolacce?
Ma a parte questo, riconosco che dietro questa storia ci sia una forte critica sociale e religiosa che, nonostante non abbia apprezzato il modo per esprimerla, condivido pienamente. Tolto ciò che più mi ha infastidita e annoiata, ho avuto modo di riflettere su quello che è realmente la religione oggi e cos’è la condivisione. È sicuramente un romanzo che al suo interno ha diversi spunti di riflessione ed analisi, ciò non toglie che mi abbia terribilmente annoiata.
Spero di avervi incuriositi e se lo avete letto fatemi sapere che ne pensate.
A presto!
-Federica-